Blackout in Spagna e Portogallo: cosa è successo e perché i sistemi di accumulo BESS sono sempre più importanti

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Il 28 aprile 2025 si è verificato uno dei blackout elettrici più gravi della storia recente dell’a penisola iberica’Europa. Spagna e Portogallo si sono ritrovati improvvisamente al buio, con gravi ripercussioni anche in alcune zone del sud della Francia. Ha lasciato senza elettricità oltre 40 milioni di persone per circa 3 ore, causando danni economici stimati in oltre 500 milioni di euro.

In confronto, il blackout in Italia del 28 settembre 2003 fu più esteso e duraturo: colpì circa 56 milioni di persone per oltre 12 ore, con danni superiori al miliardo di euro; fu causato da un guasto sulla linea svizzera e da mancate contromisure interne.

Un altro grande blackout si verificò in Abruzzo nel 2018, invece, anche se molto più circoscritto: interessò circa 200.000 persone per meno di 48 ore a causa di una forte nevicata che danneggiò linee aeree, con danni contenuti a livello locale.

Le indagini sono ancora in corso, ma le prime evidenze e analisi puntano verso una combinazione di cause tecniche, strutturali e legate alla transizione energetica in corso. In questo scenario emerge con forza la necessità di integrare nella rete elettrica moderna sistemi di accumulo dell’energia, come le batterie elettrochimiche (BESS), per garantire stabilità e resilienza.

Le dinamiche del blackout

Il collasso è avvenuto intorno alle 12:30 del 28 aprile. In pochi istanti, l’intera rete iberica è collassata. La separazione fisica dalla rete elettrica francese ha reso impossibile l’importazione di energia, mettendo sotto pressione il sistema nazionale spagnolo, che in quel momento era alimentato per circa il 60% da fonti rinnovabili non programmabili – fotovoltaico ed eolico.

Le prime ricostruzioni suggeriscono che l’evento scatenante sia stato un guasto localizzato vicino al confine portoghese. Tale guasto ha prodotto un’oscillazione elettrica significativa, con effetti a catena che hanno superato le capacità di risposta automatica del sistema. Disconnessioni successive e mancanza di sincronizzazione tra i vari generatori hanno portato al blackout.

La presenza massiccia di fonti rinnovabili ha aggravato il problema: prive di inerzia elettromeccanica (a differenza dei grandi generatori convenzionali), le rinnovabili hanno reagito troppo velocemente, generando oscillazioni difficilmente gestibili e amplificando la crisi.

Il ruolo critico dell’inerzia e della frequenza

Quando una rete elettrica perde improvvisamente parte della produzione o della capacità di trasporto, la frequenza può calare (deficit di energia) o salire (eccesso di produzione). In entrambi i casi, se le variazioni sono troppo rapide e marcate, scattano le protezioni automatiche che spengono i generatori per evitarne il danneggiamento, causando ulteriori squilibri. È quello che probabilmente è successo il 28 aprile: un surplus momentaneo di energia rinnovabile non più esportabile verso la Francia, seguito da un repentino deficit causato dalla risposta automatica degli impianti.

Senza l’inerzia dei generatori tradizionali, la frequenza cambia troppo velocemente perché i sistemi convenzionali possano intervenire con efficacia. Questo rende le reti moderne – sempre più popolate da impianti rinnovabili – vulnerabili a shock improvvisi.

Perché servono i sistemi di accumulo (BESS)

La risposta a questa vulnerabilità non è certo un passo indietro nella transizione energetica, ma un’accelerazione nella direzione giusta: stabilizzare le reti con tecnologie avanzate.

I sistemi di accumulo, in particolare con batterie elettrochimiche (BESS, Battery Energy Storage Systems), offrono una soluzione tecnica ed economica cruciale per affrontare crisi come quella del 28 aprile. Il loro contributo può essere suddiviso in tre funzioni principali:

  1. Iniezione immediata di potenza: i BESS possono reagire in frazioni di secondo a uno squilibrio nella rete, fornendo o assorbendo energia per mantenere la frequenza stabile.
  2. Sostituzione dell’inerzia persa: tramite sistemi di controllo avanzati (come gli “inverter grid-forming”), le batterie possono simulare l’effetto inerziale dei generatori rotanti, riducendo la rapidità delle variazioni di frequenza.
  3. Flessibilità operativa: i BESS possono assorbire l’eccesso di energia rinnovabile nelle ore centrali della giornata (come nel caso del blackout spagnolo) e restituirla quando la produzione cala, contribuendo a un bilanciamento dinamico della rete.

I BESS dovrebbero essere integrati insieme a compensatori sincroni, stabilizzatori statici, e dove possibile, impianti idroelettrici di pompaggio. Solo così sarà possibile affrontare eventi eccezionali, garantendo al contempo la sicurezza e l’efficienza del sistema.

Oltre le batterie: una nuova architettura della rete

Un’altra lezione che si può trarre da questo evento è la necessità di ripensare la struttura delle reti elettriche. La configurazione futura dovrà prevedere un numero crescente di microreti (microgrids), capaci di operare in modo autonomo ma interconnesso. In caso di guasti localizzati, queste isole energetiche potranno continuare a funzionare, evitando blackout generalizzati.

Inoltre, una rete moderna dovrà essere equipaggiata con sistemi di monitoraggio e intervento distribuiti, capaci di agire localmente in tempo reale, senza affidarsi esclusivamente a decisioni centralizzate.

Il blackout del 28 aprile in Spagna e Portogallo rappresenta un caso emblematico delle sfide che accompagnano la decarbonizzazione del sistema elettrico. Non si tratta di un fallimento della transizione, ma della prova che ogni cambiamento epocale richiede infrastrutture all’altezza. I sistemi di accumulo come i BESS sono oggi uno degli strumenti più potenti per garantire la sicurezza della rete in un contesto a elevata penetrazione rinnovabile. Ignorarli significherebbe esporci nuovamente a crisi simili. Investirci, invece, è un passo deciso verso un futuro energetico sostenibile e affidabile.